MARE ADRIATICO

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SAN BENEDETTO DEL TRONTO

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ITALY

sabato 7 dicembre 2013

NELSON MANDELA "MADIBA"

DA REPUBBLICA.IT
Nelson Rolihlahla Mandela, nato a Mvezo il 18 luglio 1918 e morto a Johannesburg il 5 dicembre 2013,è stato un politico sudafricano, primo presidente a essere eletto dopo la fine dell'apartheid nel suo Paese e premio Nobel per la pace nel 1993 insieme al suo predecessore Frederik Willem de Klerk. Fu a lungo uno dei leader del movimento anti-apartheid ed ebbe un ruolo determinante nella caduta di tale regime, pur passando in carcere gran parte degli anni dell'attivismo anti-segregazionista. Protagonista insieme al presidente Frederik Willem de Klerk dell'abolizione dell'apartheid all'inizio degli anni Novanta, venne eletto presidente nel 1994, nelle prime elezioni multirazziali del Sudafrica, rimanendo in carica fino al 1999. Il suo partito, l'African National Congress, è rimasto da allora ininterrottamente al governo del paese. Mandela è il cognome assunto dal nonno. Il nome "Rolihlahla" (letteralmente "colui che provoca guai") gli fu attribuito alla nascita; "Nelson" gli fu invece assegnato alle scuole elementari. Il nomignolo Madiba è il suo nome all'interno del clan di appartenenza, dell'etnia Xhosa. Nelson Mandela mosse i primissimi passi verso la conquista della libertà degli uomini nel 1941, all'età di ventidue anni, quando insieme al cugino Justice fu messo di fronte all'obbligo di doversi sposare con una ragazza scelta dal capo Thembu Dalindyebo. Questa imposizione di matrimonio combinato era una condizione che né Mandela né il cugino volevano tollerare. La scelta era molto delicata: o si sposava e andava contro il suo massimo principio, cioè la libertà, oppure non si sposava mancando così di rispetto alla sua tribù e alla famiglia. Così decise di scappare insieme al cugino, in direzione della città di Johannesburg. Da giovane studente di legge, Mandela fu coinvolto nell'opposizione al minoritario regime sudafricano, che negava i diritti politici, sociali, civili alla maggioranza nera sudafricana. Unitosi all'African National Congress (ANC) nel 1942, due anni dopo fondò l'associazione giovanile Youth League, insieme a Walter Sisulu, Oliver Tambo e altri. Dopo la vittoria elettorale del 1948 da parte del Partito Nazionale, autore di una politica pro-apartheid di segregazione razziale, Mandela si distinse nella campagna di resistenza del 1952 organizzata dall'ANC, ed ebbe un ruolo importante nell'assemblea popolare del 1955, la cui adozione della Carta della Libertà stabilì il fondamentale programma della causa anti-apartheid. Durante questo periodo Mandela e il suo compagno avvocato Oliver Tambo fondarono l'ufficio legale Mandela e Tambo fornendo assistenza gratuita o a basso costo a molti neri che sarebbero rimasti altrimenti senza rappresentanza legale. Inizialmente coinvolto nella battaglia di massa, fu arrestato insieme ad altre 150 persone il 5 dicembre 1956, e accusato di tradimento. Seguì un aggressivo processo, durato dal 1956 al 1961, al termine del quale tutti gli imputati furono assolti. Mandela e i suoi colleghi appoggiarono la lotta armata dopo l'uccisione di manifestanti disarmati a Sharpeville, nel marzo del 1960, e la successiva interdizione dell'ANC e di altri gruppi anti-apartheid. Nel 1958 aveva sposato in seconde nozze Winnie Madikizela, da cui poi si separò nel 1992. Nel 1961 divenne il comandante dell'ala armata Umkhonto we Sizwe dell'ANC ("Lancia della nazione", o MK), della quale fu co-fondatore. Coordinò la campagna di sabotaggio contro l'esercito e gli obiettivi del governo, ed elaborò piani per una possibile guerriglia per porre fine all'apartheid. Raccolse anche fondi dall'estero per il MK, e dispose addestramenti para-militari, visitando vari governi africani. Nell'agosto 1962 fu arrestato dalla polizia sudafricana, in seguito a informazioni fornite dalla CIA, notizie che però lo stesso Mandela nella sua biografia ritiene non attendibili, e fu imprigionato per 5 anni con l'accusa di viaggi illegali all'estero e incitamento allo sciopero. Durante la sua prigionia, la polizia arrestò importanti capi dell'ANC, l'11 luglio 1963 presso la Liliesleaf Farm, di Rivonia. Mandela fu considerato fra i responsabili, e insieme ad altri fu accusato di sabotaggio e altri crimini equivalenti al tradimento (ma più facili per il governo da dimostrare). Joel Joffe, Arthur Chaskalson e George Bizos fecero parte della squadra di difesa che rappresentò gli accusati. Tutti, a eccezione di Rusty Bernstein, furono ritenuti colpevoli e condannati all'ergastolo, il 12 giugno 1964. L'imputazione includeva il coinvolgimento nell'organizzazione di azione armata, in particolare di sabotaggio (del cui reato Mandela si dichiarò colpevole) e la cospirazione per aver cercato di aiutare gli altri Paesi a invadere il Sudafrica (reato del quale Mandela si dichiarò invece non colpevole). Per tutti i successivi 26 anni, Mandela fu sempre maggiormente coinvolto nell'opposizione all'apartheid, e lo slogan "Nelson Mandela Libero" divenne l'urlo di tutte le campagne anti-apartheid del Mondo. Mentre era in prigione, Mandela riuscì a spedire un manifesto all'ANC, pubblicato il 15 giugno 1980. Rifiutando un'offerta di libertà condizionata in cambio di una rinuncia alla lotta armata (febbraio 1985), Mandela rimase in prigione fino al febbraio del 1990. Le crescenti proteste dell'ANC e le pressioni della comunità internazionale portarono al suo rilascio l'11 febbraio 1990, su ordine del Presidente sudafricano F.W. de Klerk, e alla fine dell'illegalità per l'ANC. Mandela e de Klerk ottennero il Premio Nobel per la pace nel 1993. Mandela era già stato in precedenza premiato con il Premio Lenin per la pace nel 1962 e il Premio Sakharov per la libertà di pensiero nel 1988. Durante la sua detenzione, durata appunto 26-27 anni, Mandela lesse molti testi, poemi, poesie, liriche, libri in lingua afrikaner (olandese) e inglese, lingua che nel corso della detenzione imparò a perfezione conoscendo grammatica e parlato del gergo comune. In particolare come spiegò il presidente dopo l'elezione come capo-guida della Repubblica del Sud Africa, una poesia in inglese del poeta Britannico William Ernest Henley, del 1875, dal nome Invictus, dal latino "invitto", o "invincibile" della raccolta Vita e Morte (Echi), pubblicata per la prima volta nel 1888 all'interno del libro Book of Verses. Questa poesia per Mandela è stata, la principale causa del suo continuare la vita in prigione nell'arco di 26, lunghi anni. La poesia viene anche presa come fonte d'ispirazione per il lungometraggio di Clint Eastwood, Invictus, con la partecipazione dell'attore Matt Damon, nel ruolo del capitano degli Springbok, anno 1990-1995, François Pienaar, e di Morgan Freeman. Divenuto libero cittadino e Presidente dell'ANC (luglio 1991 - dicembre 1999) Mandela concorse contro De Klerk per la nuova carica di presidente del Sudafrica e vinse, diventando il primo capo di stato di colore. De Klerk fu nominato vice presidente. Come presidente, (maggio 1994 - giugno 1999), Mandela presiedette la transizione dal vecchio regime basato sull'apartheid alla democrazia, guadagnandosi il rispetto mondiale per il suo sostegno alla riconciliazione nazionale e internazionale. Tale transizione fu portata avanti tramite l'istituzione, da parte dello stesso Mandela, di un tribunale speciale, la cosiddetta Commissione per la Verità e la Riconciliazione (Truth and Reconciliation Commission, TRC). Un ruolo particolare Mandela svolse nell'ispirare e consigliare i rappresentanti dello Sinn Féin irlandese, impegnati nelle trattative di pace con il governo britannico. Alcuni esponenti radicali furono delusi dalle mancate conquiste sociali durante il periodo del suo governo, nonché dall'incapacità del governo di dare risposte efficaci al dilagare dell'HIV/AIDS nel Paese. Mandela stesso ammise, dopo il suo congedo, che forse aveva commesso qualche errore nel calcolare il possibile pericolo derivante dal diffondersi dell'AIDS. Anche la decisione di impegnare le truppe sudafricane per opporsi al golpe del 1998 in Lesotho fu una scelta controversa. Il 18 luglio 1998, giorno del suo ottantesimo compleanno, si sposò (per la terza volta) con Graca Machel. Dopo aver abbandonato la carica di presidente nel 1999, Mandela ha proseguito il suo impegno e la sua azione di sostegno alle organizzazioni per i diritti sociali, civili e umani. Ha ricevuto numerose onorificenze, incluso l'Order of St. John dalla Regina Elisabetta II e la Presidential Medal of Freedom da George W. Bush. Mandela è una delle due persone di origini non indiane (l'altra è Madre Teresa) ad aver ottenuto il Bharat Ratna, il più alto riconoscimento civile indiano (nel 1990). A testimonianza della sua fama va ricordata la visita del 1998 in Canada, durante la quale allo Skydome di Toronto parlò in una conferenza a 45.000 studenti che lo salutarono con intensi applausi. Nel 2001 ha ricevuto l'Ordine del Canada, primo straniero a ricevere la cittadinanza onoraria canadese. Nel giugno 2004, all'età di ottantacinque anni, Mandela ha annunciato di volersi ritirare dalla vita pubblica e di voler passare il maggior tempo possibile con la sua famiglia, finché le condizioni di salute glielo avessero concesso. Ha comunque fatto un'eccezione nel luglio 2004 confermando il suo duraturo impegno nella lotta contro l'Aids recandosi a Bangkok per parlare alla XV conferenza internazionale sull'AIDS. Il 23 luglio 2004, con una cerimonia tenutasi a Orlando, Soweto, la città di Johannesburg gli ha conferito la più alta onorificenza cittadina, il "Freedom of the City", paragonabile alla consegna delle chiavi della città. Il 27 giugno 2008 a Londra, in Hyde Park, si è svolto un grande concerto per ricordare i suoi novant'anni, il suo impegno nella lotta contro il razzismo e il suo contributo alla lotta contro l'AIDS. A sorpresa Nelson Mandela ha voluto essere presente al concerto, accolto da una straordinaria ovazione di circa 500 000 persone. Ai lati del palco campeggiava il numero 46664, il numero che era scritto sulla sua giubba durante la permanenza in carcere. Mandela ha pronunciato un breve discorso in cui ha ribadito le ragioni del suo impegno civile e politico, dopo aver ringraziato per la straordinaria manifestazione di affetto e di rispetto nei suoi confronti. Il 18 luglio 2009, giorno del suo novantunesimo compleanno, un fantasmagorico tributo chiamato "Mandela Day" gli hanno riservato i grandi dello spettacolo, della politica e della cultura mondiale (tra cui Carla Bruni col marito Nicolas Sarkozy, Stevie Wonder, Aretha Franklin, Gloria Gaynor, l'italiano Zucchero, ecc.) al Radio City Music Hall di New York (USA). Durante i mondiali di calcio in Sudafrica del 2010, da lui fortemente voluti, non ha potuto presiedere alla cerimonia di apertura a causa di un grave lutto in famiglia: la nipote tredicenne, infatti, ha perso la vita in un incidente automobilistico proprio alla vigilia della manifestazione; tuttavia ha presenziato, a sorpresa, alla cerimonia di chiusura, poco prima che le due finaliste scendessero in campo. La casa in cui Mandela abitò a Soweto è oggi sede del Mandela Family Museum, dedicato alla vita di Mandela. Il 28 marzo 2013 viene ricoverato in un ospedale di Pretoria per una grave infezione polmonare, connessa ad una tubercolosi subita durante il periodo di prigionia; viene dimesso dopo pochi giorni, il 6 aprile 2013. Due mesi dopo, l'8 giugno 2013, viene nuovamente ricoverato in condizioni preoccupanti ma stabili. Nella notte del 24 giugno 2013 le condizioni di Madiba si aggravano notevolmente, sempre in relazione alla grave infezione polmonare connessa alla vecchia tubercolosi. La mattina del 27 giugno, la famiglia viene convocata d'urgenza all'ospedale di Pretoria. La figlia maggiore, Makaziwe, ha parlato alla radio pubblica SABC, dichiarando: "Non voglio mentire. Mio padre è in uno stato molto critico. Può accadere da un momento all'altro - ha annunciato la primogenita di Madiba -. Papà è ancora tra noi, risponde al contatto. Dio sa quando sarà il momento. Aspettiamo con lui, con papà, che è ancora con noi, aprendo gli occhi e reagendo quando viene toccato". Il 4 luglio 2013 viene dichiarato in stato vegetativo permanente, ma la notizia viene successivamente smentita. Nelson Mandela è morto il 5 dicembre 2013 nella sua casa di Johannesburg; a darne per primo l'annuncio è stato il presidente del Sudafrica, Jacob Zuma, in diretta televisiva. Il gruppo musicale dei The Specials nel 1984 gli ha dedicato una canzone dal titolo Free Nelson Mandela. Ruud Gullit, allora calciatore del Milan, ha dedicato a Nelson Mandela il premio "Pallone d'oro" assegnatogli da France Football nel 1987. Il gruppo musicale Simple Minds gli ha dedicato una canzone intitolata Mandela Day nel loro album del 1989 Street Fighting Years. Nel 2009 Clint Eastwood ha diretto il film Invictus - L'invincibile con Morgan Freeman nei panni di Nelson Mandela nei primi anni della sua presidenza. Dal 2010 si celebra il Nelson Mandela International Day, giornata internazionale in suo onore che si tiene annualmente il 18 luglio, giorno del genetliaco dell'ex presidente sudafricano. Il pianista Giovanni Allevi ha dedicato a Mandela un brano omonimo del suo album Sunrise, del 2012.

TESTO DI WIKIPEDIA
http://it.wikipedia.org/wiki/Nelson_Mandela

mercoledì 20 novembre 2013

Biciclette: un database nazionale contro i ladri


Ogni anno in Italia vengono rubate 320 mila biciclette, pari all’8% di quelle circolanti

Incidere il proprio codice fiscale sul telaio della bici al momento dell’acquisto e poi registrare i dati di marca e modello associati al nome e cognome del proprietario su un database nazionale. È questa una delle proposte della Federazione italiana amici della bicicletta (Fiab) per contrastare un fenomeno dannoso per le persone e per l’economia del nostro paese: il furto di biciclette.
Ogni anno, secondo le stime di Fiab, in Italia vengono rubate circa 320 mila biciclette su 4 milioni di pezzi circolanti (circa l’8% del totale). «Ormai è un fenomeno diffuso, a cui le persone rispondono con rassegnazione», afferma Giulietta Pagliaccio, presidente della Fiab. Non a caso, dall’ultima indagine condotta dalla stessa associazione, che ha coinvolto prefetture, capoluoghi di provincia e 4 mila cittadini ciclisti, è emerso che solo il 40% dei furti viene regolarmente denunciato.
Nella classifica delle paure dei ciclisti al primo posto c’è quella di essere investiti e subito dopo quella di essere derubati. Una preoccupazione che costituisce un disincentivo all’utilizzo della bicicletta e al suo acquisto per un danno economico, secondo Confindustria Ancma e Fiab, di 150 milioni di euro tra mancati introiti per l’industria e transazioni in nero. «Spesso, per timore di subire un furto, i ciclisti preferiscono comprare biciclette economiche di bassa qualità, che però sono meno sicure e che, spesso, sono prodotte al di fuori dell’Italia. Il nostro Paese realizza due ruote di grande pregio, che hanno un costo più elevato rispetto alla media. Per far ripartire questo settore, servirebbe garantire una maggiore sicurezza sull’acquisto e sull’utilizzo dei mezzi», evidenzia Pagliaccio.
Rubare una bicicletta è un reato. Il Codice penale (art. 624) lo punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con una multa da 154 a 516 euro. Chi le vende, poi, si macchia del delitto di ricettazione, punito con la reclusione da 2 a 8 anni e con una multa da 516 a 10.329 euro. Di certo, non è semplice cogliere i ladri di biciclette sul fatto, ma queste sono le misure previste dalla legge. Non è al sicuro nemmeno chi compra mezzi rubati. E cioè chi non ne abbia accertata la legittima provenienza. Chi acquista mezzi «sospetti» può essere punito con l’arresto fino a 6 mesi o con un’ammenda non inferiore a 10 euro.
«In nessun Paese del mondo è stata trovata la soluzione», sottolinea Pierfrancesco Maran, delegato nazionale Anci per la mobilità. «Al momento, in Italia, ogni Comune gestisce questo problema con procedure diverse. C’è invece bisogno di un modello unico che definisca gli standard da adottare a livello nazionale». Alla luce di tutti questi dati, Fiab ha proposto di redigere delle linee guida condivise per combattere i furti e di attivare un sistema volontario di identificazione delle bici rubate attraverso la punzonatura del codice fiscale sulla bici e successiva registrazione dei dati del veicolo e del proprietario in un database pubblico.

corriere.it

lunedì 24 giugno 2013

UDOO MULTITASKING

Udoo, piccolo e multitasking così il computer parla toscano.
Frutto della collaborazione tra Seco e Aidilab, sta scalando le vette di Kickstarter, la piattaforma per il finanziamento dal basso.

L’hanno pensato un anno e mezzo fa e ha già fatto il botto. Si chiama Udoo. E’ un micro-computer nato in Toscana che ha scalato le classifiche di Kickstarter, forse la principale piattaforma web per lanciare il finanziamento dal basso delle idee più rivoluzionarie in circolazione. Ha raggiunto in pochi mesi di esposizione 641.614 dollari e si è piazzato tra i primi quindici progetti al mondo che piacciono di più: 13mo nella categoria Technology e 7mo in quella più propria di Hardware Technology.

Udoo ha grandi ambizioni. Fonde insieme computer tradizionali, smartphone e microcontrollori (quelli che regolano la temperatura dei frigo o delle case, per intendersi) in un unico componente. E’ frutto della collaborazione tra Seco (www.seco.com), un’azienda aretina di microcontrollori, e Aidilab (www.aidilab.com), una società di Interaction Design messa in piedi da docenti ed ex studenti dell’Università di Siena. Daniele Conti, Antonio Rizzo e Maurizio Caporali sono i
capoprogetto. Ma cosa fa Udoo?

E' una sorta di multitasking tecnologico che lavora sia con il sistema operativo Linux che Android e permette un’interazione su più livelli. Lo si può usare per imparare a programmare i comportamenti dei pixel su uno schermo, ma anche gli oggetti che stanno intorno a noi. Servirà nelle scuole per avviare i nativi digitali alla scoperta dell’apprendimento 2.0, ma anche nella domotica fai da te. Attualmente è in fase di beta testing con tester selezionati in 20 università e centri di ricerca di tutto il mondo.

Antonio Rizzo, uno dei fondatori di Aidilab ora in trasferta a San Diego (California), racconta: «Abbiamo in cantiere due progetti. Uno è con il Centro Enel di Pisa per l’ottimizzazione della produzione elettrica con il fotovoltaico. Udoo garantirebbe l’autoregolazione del funzionamento dei pannelli in alta montagna rendendoli più convenienti e più efficienti. Un altro progetto è la domotica fai da te. L’open source renderebbe automatico il regolamento delle temperature nelle stanze in funzione delle stagioni, delle attività lavorative che vi si svolgono interfacciandosi con i sistemi energetici esterni». La filosofia open source hardware va a braccetto anche con i sistemi di educazione. «A Barcellona, in Spagna, pensiamo di realizzare delle soluzioni low cost e open source, ad esempio dei banchi per le scuole. Nel 2014 — chiude Rizzo — lanceremo un concorso di idee aperto a tutti, con le università come punto di riferimento, per l’educazione nelle scuole».

ARTICOLO DA: http://firenze.repubblica.it/cronaca/2013/06/17/news/udoo_piccolo_e_multitasking_cos_il_computer_parla_toscano-61229612/


SAMUELE BARTOLINI








BLADE RUNNER 2...TORNERA' DOPO PIU' DI 25 ANNI



Ridley Scott avrebbe scelto: per la sceneggiatura di Blade Runner 2 ha ingaggiato Michael Green, già co-autore dello script di Green Lantern.


Da quando la Alcon Entertainment ha rilevato i diritti sui sequel e gli eventuali prequel di Blade Runner, si sono susseguite in continuazione voci sulla composizione della squadra che avrebbe riportato sul grande schermo il conflitto tra umani e replicanti. Se Bud Yorkin si era ritagliato da subito il ruolo di produttore nell'accordo con Broderick Johnson e Andrew Kosove, co-fondatori della Alcon, il primo tassello del difficile mosaico volto a doppiare la vetta del prototipo è stata la riconferma di Ridley Scott dietro la macchina da presa. Intanto la compagine produttiva si è arricchita, coinvolgendo gli executive producers Frank Giustra e Tim Gamble della Thunderbird Films. La primavera scorsa Scott confermava in un'intervista rilasciata al quotidiano britannico Independent la sua intenzione di coinvolgere ancora Harrison Ford nei panni del cacciatore di taglie Rick Deckard, con ogni probabilità non da protagonista, ma in un ruolo chiave. La compagnia di produzione ha smentito ogni trattativa con l'attore americano e nel frattempo Scott ha dovuto fronteggiare le ire dei fan di mezzo mondo per il mezzo passo falso di Prometheus, specie se considerato nell'ottica di una rivisitazione della mitologia di Alien, come ribadito in più sedi dallo stesso regista inglese. Nell'agosto 2011 Scott aveva dichiarato di voler entrare in produzione con Blade Runner 2 entro un anno e mezzo, ma a quanto pare le vicissitudini degli ultimi mesi hanno dilatato i tempi. Comunque, se non altro sembrerebbe che qualcosa si sia mosso sul versante chiave della sceneggiatura: secondo i rumor riportati da The Wrap, Scott in persona avrebbe scelto Michael Green per occuparsi dello script. Il giovane autore americano non è un esordiente, sebbene il suo nome sia sconosciuto ai più. Dopo il debutto come sceneggiatore di fumetti su testate storiche come la serie Superman/Batman, Green ha collaborato nel ruolo di produttore a Smallville ed è stato inoltre co-produttore esecutivo e sceneggiatore di alcuni episodi di Heroes. Nel 2009 ha creato per la NBC Kings, una riproposizione della storia biblica di Davide ambientata in un presente alternativo, interrotta dopo soli tredici episodi per il deludente riscontro da parte del pubblico. Nel 2011 entra nella squadra di Lanterna Verde di Martin Campbell sotto l'egida del produttore Greg Berlanti (già suo collega nei teen drama Everwood e Jack & Bobby), lavorando alla sceneggiatura con lo stesso Berlanti, Marc Guggenheim e Michael Goldenberg. La superproduzione dedicata allo storico eroe DC Comics viene poco apprezzata dalla critica e risulta fallimentare al botteghino. Malgrado ciò, con la metà di questa stessa squadra (vale a dire Berlanti e Guggenheim), Green è tornato all'opera sulla sceneggiatura di Flash, film attualmente in stato di sviluppo ma vincolato all'incerto destino della Justice League of America. Da cosa partirà per questo delicato incarico, è ancora presto per dirlo. A questo punto, potrebbe essere messa in discussione anche l'idea originaria di Scott di incentrare la storia su un forte personaggio femminile, denominatore comune di una fetta importante della sua produzione. Vale la pena comunque ricordare che Green ha da poco completato in collaborazione con Stuart Hazeldine il copione di Gods and Kings, un biopic dedicato alla figura di Mosè che potrebbe essere girato da Steven Spielberg. Insomma, un autore non proprio dal pedigree del fuoriclasse, ma un mestierante con qualche buon colpo nel suo repertorio e, potremmo azzardare, con un interesse ricorsivo per la tradizione ebraico-cristiana. In ogni caso, forse non esattamente il tipo di curriculum che gli appassionati potrebbero essere disposti a considerare per il seguito di un film divenuto di culto, fondativo del nostro immaginario contemporaneo. D'altro canto autori in partenza molto più titolati hanno già dimostrato di poter rimediare sonore cantonate, come nel caso di Damon Lindelof con Prometheus (o, non dimentichiamo neanche quello, Cowboy & Aliens). Hollywood, a quanto pare, è disposta a concedere un'occasione a tutti. Vedremo se Green saprà giocarsi al meglio la sua prima chance da solista.

ARTICOLO DA: Autore: Giovanni De Matteo - Data: 4 giugno 2013 - Fonte: The Wrap




martedì 18 giugno 2013

LA PUNTUALE AFA DI GIUGNO


http://meteoland.org/focus

Gran sole e gran caldo nei prossimi giorni, le temperature saranno in salita sino a Mercoledì, si potranno toccare i 35/36 gradi nelle zone più interne e nei grossi centri urbani specie in Emilia. Da Mercoledì sera primi disturbi a partire da ovest, Giovedì temporali al nord che potranno essere di forte intensità.
Sarà gran caldo africano ma non durerà...
da minime under 10 con neve sui monti a fine Maggio al rovente alito dell'Africa, il tempo è notevolmente anomalo negli utlimi tempi e diventa difficile prevederne le mosse, cerchiamo di capire se e quanto durerà questa ondata di caldo africano in arrivo. Una forte accelerazione del jet stream alle alte latitudini favorisce la ricomparsa dell'anticiclone delle Azzorre che fondendosi con l'hp Africano sta portando i primi caldi dell'estate 2013. Le temperature sino a Martedì saranno prettamente estive ma senza eccessi, over 30 su molte zone del nord.
Lunedì sera una profonda depressione in pieno Atlantico al largo dell'Iberia provocherà la classica risalita dell'hp Africano che taglierà fuori l'Azzoriano e sfruttando ad est un'altra depressione sui Balcani si instaurerà sull'Italia con classica figura ad omega, sinonimo di blocco e persistenza, ma i modelli sembrano scongiurare il cut- off e la depressione dovrebbe colmarsi. La giornata peggiore sarà Martedì quando la lingua calda porterà su alcune zone del nord temperature prossime ai 40 gradi, ma già da Mercoledì sera aria fresca di origine atlantica irromperà sul nord Italia provocando contrati termici elevati che potranno dar luogo a temporali anche di forte intensità, ancora caldo al centro e al sud. In seguito dominerà ancora l'instabilità con periodi soleggiati e temporali almeno sino a Domenica 30, data da confermare vista l'elevata distanza temporale, come detto prima dovrebbe essere scongiurato il rischio di blocco ma il tempo ultimamente è molto schizofrenico. Buona estate a tutti.



http://www.sat24.com/image.ashx?country=eu&type=zoom&format=640x480001001&sat=ir

GRAZIE A METEOLAND...



lunedì 17 giugno 2013

FUMO PASSIVO

Fumare fa male al cuore, proprio e degli altri. Lo dimostrano due ricerche presentate a Monaco durante l'ultimo congresso dell'European Society of Cardiology, secondo cui le arterie degli adolescenti fumatori hanno l'aspetto di quelle di un cinquantenne malmesso e chi subisce il fumo passivo vede crescere non poco il rischio di ictus e infarti. ADOLESCENTI – La prima ricerca è stata condotta in Svizzera nell'ambito dello Swiss Study on Air Pollution And Lung and Heart Disease In Adults (SAPALDIA), per il quale sono state arruolate circa 10mila persone; i ricercatori sono andati ad analizzare 350 figli dei partecipanti, di età compresa fra gli otto e i vent'anni, per capire quanto fossero esposti al fumo attivo e passivo e soprattutto quali conseguenze ciò avesse avuto sulle loro arterie. I ricercatori innanzitutto si sono accorti che il 15 per cento dei ragazzi fumava, anche se di rado (con una leggera prevalenza fra le femmine); uno su tre, inoltre, era esposto al fumo passivo da almeno dieci anni. Poi, valutando lo spessore del rivestimento della carotide in tutti i ragazzini, la dottoressa Julia Dratva che ha coordinato lo studio si è accorta che i giovanissimi esposti al fumo hanno già le arterie più ispessite del normale. «La correlazione è netta soprattutto per chi fuma, inoltre all'aumentare della durata della cattiva abitudine cresce anche lo spessore dei vasi – spiega Dratva –. Nella maggioranza dei casi i ragazzi fumavano solo da due, tre anni; eppure, anche dopo un periodo relativamente breve di sigarette si possono notare alterazioni significative nella struttura delle arterie, indicative di uno sviluppo precoce di aterosclerosi. Resta invece da capire se smettere di fumare possa far regredire i danni cardiovascolari». FUMO PASSIVO – Danni a cui va incontro, purtroppo, anche chi fumatore non è ma viene suo malgrado esposto al fumo passivo: una ricerca turca presentata a Monaco ha mostrato che dopo un'ora passata in una stanza piena di fumo le piastrine tendono ad aggregarsi di più, aumentando di conseguenza il pericolo che si formino trombi. Mehmet Kaya, il ricercatore che ha coordinato lo studio, ha coinvolto 55 non fumatori sani e dopo averli fatti stare a respirare fumo per un'ora ha misurato nel sangue tre parametri: il volume medio delle piastrine, indicativo della loro tendenza ad attivarsi (aumenta per esempio durante un evento trombotico acuto); la carbossiemoglobina, ovvero l'emoglobina legata al monossido di carbonio (sostanza che si suppone correlata alle lesioni cardiovascolari da fumo); il lattato, che si forma quando l'apporto di ossigeno alle cellule del sangue è scarso. «Dopo un'ora di fumo passivo tutti e tre i valori sono alterati, ma soprattutto le piastrine mostrano un aumento dell'attivazione e della tendenza ad aggregarsi – spiega Kaya –. Dati che confermano studi precedenti e spiegano il meccanismo con cui anche un'esposizione limitata al fumo passivo fa male a cuore e vasi. È verosimile che stando ancora più a lungo in un ambiente dove si fuma l'effetto sia ancora più marcato: chi non fuma dovrebbe limitare al massimo di esporsi al fumo passivo, se non vuole aumentare il proprio rischio di infarti e ictus». MEMORIA – Senza contare che il fumo passivo potrebbe addirittura provocare "buchi" di memoria: una ricerca appena pubblicata sulla rivista Addiction dimostra infatti che chi è esposto al fumo passivo per una media di 25 ore alla settimana nel giro di quattro-cinque anni sviluppa piccoli "disturbi" di memoria che nei test cognitivi lo portano a ricordare il 20 per cento in meno rispetto ai non fumatori non costretti a stare in ambienti fumosi. «A chi fuma attivamente va ancora peggio: abbiamo verificato che i fumatori nei test di memoria hanno risultati del 30 per cento inferiori rispetto a chi è esposto al fumo passivo – dice Tom Hefferman, il ricercatore inglese che ha condotto la ricerca –. Tutto questo significa che il fumo, attivo o passivo, può compromettere seriamente le attività cognitive nella vita di tutti i giorni».
http://www.corriere.it/salute/cardiologia/12_ottobre_20/fumo-passivo-cuore_c83d7418-070f-11e2-8daa-75c6fff9e45c.shtml

domenica 16 giugno 2013

GRAVE INCIDENTE ALESSIA POLITA

http://www.motoblog.it/post/155481/civ-grave-incidente-per-alessia-polita-la-pilota-in-ospedale
Grave incidente per Alessia Polita, la pilota in ospedale.

La pilota marchigiana non sarebbe fortunatamente in pericolo di vita ma avrebbe riportato varie fratture.
Sabato 15 giugno 2013:

Ore 19.00: La dichiarazione ufficiale del responsabile comunicazione del CIV è la seguente:

“In relazione all’incidente avvenuto questa mattina sul circuito di Misano Adriatico in occasione delle prove ufficiali del CIV, si comunica che Alessia Polita è stata sottoposta oggi, all’Ospedale Bufalini di Cesena, ad intervento neurochirurgico al rachide per frattura da scoppio della dodicesima vertebra dorsale, con lesione del midollo spinale. Attualmente è in prognosi riservata nel reparto di terapia intensiva.”

Alessia Polita, jesina del 1985, è stata trasportata all’Ospedale Bufalini di Cesena in elicottero, dopo un grave incidente alla curva 16 del circuito di Misano Adriatico dove la pilota stava disputando la seconda sessione di prove ufficiali della Stock 600, valide per il 5° round del Campionato Italiano Velocità. La rider marchigiana fortunatamente non è in pericolo di vita, ma pare che sia tenuta in coma farmacologico e abbia subito, oltre ad alcune fratture, anche lesioni alla colonna vertebrale.
Due volte Campionessa Italiana, 27 anni, Alessia era già stata protagonista di un spettacolare, ma fortunatamente non grave, incidente alla variante della Roggia durante le qualifiche della Supersport nell’ultimo GP di Monza, mentre gareggiava come wild card. La curva dell’incidente di Alessia (sorella tra l’altro del pilota Alex Polita) è la stessa dove il tre volte campione Wayne Rainey cadde nel 1993 e al seguito del quale rimase paralizzato.
Riguardo alla dinamica dell'incidente, dopo aver visionato i video ripresi con le telecamere del circuito, il direttore di gara (Raffaele de Fabritiiis) ha dichiarato che la moto sembra aver disarcionato Alessia durante la fase di frenata. De Fabritiiis rileva poi l'anomalia del raggiungimento delle barriere da parte di moto e pilota, cosa mai accaduta prima in quel punto anche per le ampie vie di fuga. Ma ovviamente prima di aver esaminato la moto non si può trarre nessuna conclusione.(http://www.motociclismo.it/grave-incidente-per-alessia-polita-a-misano-moto-55428).













giovedì 13 giugno 2013

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yellowsubmarine...IL SOTTOMARINO GIALLO rosso: RADIO AZZURRA SAN BENEDETTO DEL TRONTO

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IL PUNTERUOLO ROSSO

Rhynchophorus ferrugineus
DA WIKIPEDIA
Il punteruolo rosso della palma (Rhynchophorus ferrugineus Olivier, 1790) è un coleottero curculionide, originario dell'Asia, micidiale parassita di molte specie di palme. Rhynchophorus ferrugineus è originario dell'Asia sudorientale e della Melanesia, dove è responsabile di seri danni alle coltivazioni di Cocos nucifera. A seguito del commercio di esemplari di palme infette la specie ha raggiunto negli anni ottanta gli Emirati Arabi e da qui si è diffusa in Medio Oriente (segnalata in Iran, Israele, Giordania e Territori palestinesi) ed in quasi tutti i paesi del bacino meridionale del Mar Mediterraneo (a partire dall'Egitto dove è stata segnalata per la prima volta nel 1992); risalita sino alla Spagna (prima segnalazione nel 1994), ha successivamente raggiunto la Corsica e la Costa Azzurra francese (2006). La prima segnalazione in Italia è del 2004 e si deve ad un vivaista di Pistoia che aveva importato delle piante dall'Egitto; nel 2005 viene segnalato in Sicilia e quindi in veloce diffusione verso il Nord della penisola: arriva in Campania, portando a morte centinaia di palme secolari in parchi pubblici, quali lo storico lungomare di Salerno, e giardini privati; nel Lazio, torna in Toscana ed è infine anche in Liguria, Marche, Abruzzo, Puglia, Calabria e Sardegna. Per lo storico degli alberi Antimo Palumbo il parassita potrebbe portare all'estinzione delle palme nella città di Roma entro il 2015. La causa della rapida diffusione è principalmente il commercio di esemplari di palma infestati dall'insetto e non riconosciuti tali. Lungo fra i 19 ed i 45 mm, presenta una livrea di colore rosso-brunastro, con macchioline nere nella parte superiore del torace. Possiede un lungo rostro ricurvo, che nel maschio è più accentuato e ricoperto da una fitta peluria brunastra, alla sua base sono inserite le antenne. La larghezza del corpo varia fra gli 11,5 e i 15,5 mm, le elitre presentano una fine striatura e sono di colore più scuro rispetto al pronoto. Lo scutello è lungo circa un quarto delle elitre, piuttosto ampio. Le uova sono sottili, oblunghe, di colore bianco crema, lunghe in media 2.62 x 1.12 mm, la femmina ne depone un numero variabile fra qualche decina e molte centinaia. Le larve sono lunghe 35–50 mm, di colore biancastro con il capo marrone, l'apparato boccale masticatore è ben sviluppato e fortemente chitinizzato mentre il corpo bianco, composto da 13 segmenti, non è dotato di zampe. La pupa misura in media 35 mm x 15 mm, ed è inizialmente di color bianco crema e quindi marrone negli stadi più avanzati. Gli adulti di Rhynchophorus ferrugineus sono attivi sia di giorno che di notte. Sono abili volatori, in grado di raggiungere nuovi ospiti nel raggio di 1 km. La oviposizione avviene solitamente in corrispondenza delle porzioni più giovani e tenere della pianta o in ferite del tronco o del rachide fogliare. Una femmina può deporre sino a 200 uova per volta. Dopo la schiusa, le larve si dirigono verso l'interno della pianta, scavando gallerie grazie al robusto apparato masticatorio e danneggiando soprattutto la zona del tronco immediatamente sottostante alla corona fogliare. Il periodo larvale dura in media 55 giorni. Le larve si impupano in genere alla base della pianta, formando dei bozzoli ovali di fibre di palma all'esterno del tronco. Dopo l'emergenza dalla pupa gli adulti rimangono all'interno di tali bozzoli per 4-17 giorni (media 8 giorni), raggiungendo la maturità sessuale. Il ciclo vitale completo, dall'uovo allo sfarfallamento, dura in media 82 giorni. Gli adulti hanno una durata di vita di circa 2-3 mesi. È stato stimato che, in assenza di fattori limitanti, una singola coppia di Rhynchophorus ferrugineus possa dare vita, nell'arco di 4 generazioni, a circa 53 milioni di esemplari. Presso gli Iatmul, una popolazione indigena della Papua Nuova Guinea, le larve di Rhynchophorus ferrugineus costituiscono un importante elemento della dieta, arrivando a coprire circa il 30% del fabbisogno proteico e costituendo la principale fonte di zinco e ferro. Rhynchophorus ferrugineus colpisce parecchie specie di Arecaceae tra cui le più diffuse palme ornamentali del Mediterraneo, Phoenix canariensis e Phoenix dactylifera, ma anche specie di interesse economico quali la palma da cocco (Cocos nucifera) e la palma da olio (Elaeis guineensis). Altre specie su cui sono stati segnalati attacchi sono Areca catechu, Arenga pinnata, Borassus flabellifer, Calamus merillii, Caryota maxima, Caryota cumingii, Corypha gebanga, Corypha elata, Livistona decipiens, Metroxylon sagu, Oreodoxa regia, Phoenix sylvestris, Sabal umbraculifera, Trachycarpus fortunei, Washingtonia sp.. Occasionalmente può anche attaccare Agave americana e Saccharum officinarum. Alcune specie, quali la palma nana Chamaerops humilis, erano ritenute immuni all'infezione grazie ad una secrezione gommosa che sembrava impedire l'attecchimento del parassita, mentre sono documentati attacchi anche a queste specie. L'infestazione può essere a lungo asintomatica e manifestarsi solo in una fase avanzata. I primi sintomi sono rappresentati da un anomalo portamento della chioma, che assume un caratteristico aspetto divaricato "ad ombrello aperto". Nei casi più gravi si arriva alla perdita completa delle foglie, per cedimento del rachide fogliare, per cui la pianta appare come "scapitozzata". Nello stadio terminale della infestazione si produce un vero e proprio "collasso" della pianta: solo a questo punto le colonie di curculionidi abbandonano la pianta attaccata migrando su un nuovo esemplare. Il controllo del Rhynchophorus ferrugineus è problematico e molto difficile a causa del concorso di molteplici fattori che favoriscono il fitofago. Gli adulti si muovono con facilità e possono eludere eventuali barriere di protezione o di contenimento espandendo i focolai d'infestazione. I trattamenti chimici curativi richiedono l'impiego di insetticidi sistemici e una diagnosi precoce dell'infestazione; trattamenti curativi tardivi, oltre ad essere inutili per risolvere l'attacco nella pianta infestata, sono anche di scarsa efficacia. I trattamenti chimici preventivi possono avere una loro efficacia come barriera chimica, tuttavia presuppongono l'impiego di prodotti attivi per contatto, dotati anche di una certa tossicità, e la copertura di tutta la pianta con l'irrorazione. Il trattamento di esemplari di grandi dimensioni, che espone al rischio di fenomeni di deriva, e l'intervento in aree urbane pongono inoltre vincoli nella scelta del principio attivo subordinando l'efficacia alla tutela della salute pubblica. L'impiego di antagonisti naturali è ancora in fase di studio e al momento non ci sono ancora prospettive di applicazione significative: gli Artropodi ausiliari si sono finora rivelati insufficienti a contenere la dinamica della popolazione. Migliori prospettive sono offerte dall'impiego degli entomopatogeni, in particolare Virus agenti della poliedrosi citoplasmatica e Nematodi. L'efficacia di questi ultimi, almeno in ambito sperimentale, sarebbe stata messa in evidenza da ricerche condotte in Spagna nell'impiego sia preventivo sia curativo: la liberazione di adulti su piante preventivamente trattate con Nematodi ha prodotto una mortalità del 100%; sembra inoltre che i Nematodi siano in grado di penetrare nelle gallerie e raggiungere le larve, permettendo perciò un intervento anche in sede curativa. L'impiego delle trappole, largamente sperimentato in diverse regioni dell'Asia, del Medio Oriente e in Spagna, ha messo in evidenza l'utilità accessoria sia nel mass trapping sia nel monitoraggio della popolazione di adulti. Le indicazioni riportate in letteratura sul grado di efficacia sono discordanti, tuttavia mettono in evidenza una maggiore efficacia dell'uso di attrattivi combinati (feromone e attrattivi alimentari a base di zucchero) e l'importanza della disposizione delle trappole in relazione all'altezza. Sulla base dei risultati finora conseguiti è presumibile che la tecnologia debba essere ancora raffinata per migliorare ulteriormente le prospettive di successo. Scarsi risultati hanno finora prodotto le ricerche in merito alla possibilità di sfruttamento della tecnica del maschio sterile. Interessanti sono le prospettive di adozione di tecniche di lotta integrata, sulla base dei risultati di prove condotte in Medio Oriente. In generale la lotta integrata presuppone l'adozione di tecniche combinate che agiscono a vari livelli: monitoraggio della popolazione, ricorso al mass trapping, esame delle palme ai fini di una diagnosi precoce, misure di profilassi che consistono nell'eliminazione dei possibili siti di riproduzione, nella bonifica dei possibili focolai d'infestazione (es. giardini e palmizi abbandonati), mantenimento delle piante in buono stato fitosanitario, ricorso ai trattamenti chimici preventivi e curativi, ricorso a regolamenti che impongono misure fitosanitarie, educazione e divulgazione. L'adozione di tecniche combinate ha permesso di ottenere anche un successo nell'eradicazione (Israele), sia pure in un contesto locale e circoscritto. La letteratura cita anche la possibilità di sviluppo di metodi di diagnosi precoce più o meno singolari, come l'impiego dei cani o il rilevamento del tasso di traspirazione, che nelle palme infestate s'intensifica. In ambienti di recente introduzione, come in Italia, è di fondamentale importanza la profilassi al fine di evitare l'espansione del fitofago, intervenendo precocemente sui focolai d'infestazione. In proposito, sulla base delle difficoltà oggettive di diagnosticare precocemente gli attacchi e d'intervenire con interventi curativi, si rivelano di particolare importanza le seguenti azioni: il monitoraggio da parte degli Osservatori fitosanitari; il mantenimento delle palme in buone condizioni nutrizionali e fitosanitarie, in quanto la suscettibilità agli attacchi da parte degli insetti xilofagi aumenta nelle piante in condizioni di stress o comunque indebolite; l'adozione di tecniche di potatura e cure che riducano i possibili siti di penetrazione dell'insetto; la distruzione dei focolai d'infestazione, rappresentati da palme attaccate, adottando accorgimenti finalizzati ad impedire lo sfarfallamento degli adulti (rimozione delle palme, allestimento di barriere fisiche di contenimento, distruzione con la trinciatura e con la bruciatura in tempi brevissimi).

VESPA KILLER DELLE API PERICOLO IMMINENTE IN ITALIA

Le vespe killer attaccano l'Italia
Scoperto in provincia di Savona il primo esemplare di una specie "aliena". Attacca gli alveari e mette a rischio impollinazione e produzione alimentare. Dopo aver fatto milioni di danni in Francia, potrebbe essersi insediata sulla Riviera ligure. Hanno un nome suadente, vespe velutine, in realtà sono una sorta di calabroni cinesi, aggressivi e determinati. Che attaccano, uccidono e mangiano le api da miele nostrane. Originarie della Cina, le vespe killer ora sono arrivate in Italia. Per la prima volta, un esemplare maschio è stato catturato in provincia di Savona. C'è allarme nel mondo dell'agricoltura per un nemico, ancora sconosciuto, che crea gravissimi danni. Non solo all'apicoltura, ma a tutto l'ecosistema, perché l'84 per cento delle specie di piante e il 76 per cento della produzione alimentare in Europa dipende dall'impollinazione delle api, le vittime predilette dei calabroni asiatici. Attaccano a volo radente, come gli elicotteri in "Apocalipse Now". Colpiscono le api sentinella di vedetta all'ingresso degli alveari. Ne fanno strage, trascinano via i corpi per poterli poi gustare, con calma, nei loro nidi. In Cina hanno vissuto per decenni vedendosela con api da miele che hanno imparato a difendersi. Adesso le velutine sono arrivate in Italia e si stanno organizzando in colonie, come confermano gli studiosi dell'Università di Torino. Questi killer venuti da lontano sono implacabili, non sono pericolosi per l'uomo ma amano le proteine di cui è composto il corpo delle api. Tutto è successo per caso. Qualcuna è arrivata nel 2004 a Bordeaux, nel sud-est della Francia. Era dentro un carico di vasi ordinati da un coltivatore di bonsai. In Francia hatrovato l'habitat ideale, clima mite, umidità. Si è riprodotta a ritmi impressionanti. E in pochi anni è diventata un'emergenza nazionale: interrogazioni parlamentari, piani del governo, manifestazioni degli agricoltori. Nel biennio 2009-2010 gli apicoltori d'Oltralpe hanno ridotto del 40 per cento la produzione di miele a causa sua, con perdite per milioni di euro. È partita la caccia ai nidi delle velutine, solo nel 2012 ne sono stati distrutti 1500, ogni intervento arriva a costare fino a mille euro. E sono state ritrovate 15.000 carcasse di api da miele, vittime della vespa sterminatrice. Dalla Francia si è diretta al confine con il Belgio, poi è tornata giù, in Spagna, si è fermata nel sud della Francia e da qui è approdata in Italia, sulla Riviera Ligure. È di pochi giorni fa la conferma che a Loano, in una delle postazioni scientifiche sorvegliate dal dipartimento di Scienze agrarie e forestali dell'Università di Torino, è stata catturata una velutina. Segnale che alza il livello di allarme, perché nel giro di pochi chilometri potrebbe essersi già insediata la prima colonia delle killer cinesi. Dall'Esapolis di Padova, importante museo degli insetti, il direttore scientifico Enzo Moretto spiega che la velutina è inserita nella black list mondiale delle specie invasive, redatta dall'Unione mondiale per la conservazione della natura. In Italia potrebbe essere arrivata a bordo di container o Tir. Perché questo simil-calabrone in primavera incomincia a costruire il suo nido, lo fa sorvegliare da sentinelle agguerritissime, e lo ingrandisce via via che la stagione avanza. Lì porta le api nostrane. Del resto, quando attaccano a stormi radenti, c'è poco da fare: le api si trasformano in facili vittime. Tanto più che gli attacchi continuano per giorni e che questa specie di vespa è aggressiva, subdola e astuta. Così alle nostre api da miele non resta che un'arma: il veleno. Può accadere che qualche arnia sacrifichi le sentinelle, per permettere a un'ape assaltatrice di colpire il killer con il pungiglione e ucciderlo. Secondo gli scienziati, però, l'unica difesa efficace è la stessa usata contro i calabroni europei: formare un palla di api che inglobi le velutine, per poterle uccidere una alla volta. Mettendo in conto che le perdite sul campo sono alte, perché per ogni velutina servono almeno 15-20 api, e che queste ultime, più piccole e meno forti, rischiano il massacro. Per ora, il maltempo ha rallentato il suo cammino in Italia. Ma è solo una pausa. Questo è ancora una volta il problema del trasporto mondiale che trasforma alcuni paesi, fino a quel momento indenni, in colonie di insetti "alieni" al luogo di arrivo. UN RINGRAZIAMENTO ALL ARTICOLO DELLA GIORNALISTA DE "LA REPUBBLICA" WANDA VALLI

LA SUPERLUNA ROSA DEL 23 GIUGNO 2013

La luna piena di questo mese ci riserva una bella sorpresa. Il 23 giugno quella che risplenderà in cielo sarà una superluna 'rosa'. Ammireremo dunque la luna più grande del 2013. A dare il benvenuto all'estate sarà dunque una luna oversize. Quel giorno il nostro satellite naturale sarà nel punto più vicino alla Terra di tutto l'anno, il cosiddetto perigeo. La luna si troverà infatti a soli 356.991 km di distanza da noi. Niente di strano. Nel percorrere la sua orbita attorno alla Terra la luna si trova in un momento dell'anno nel punto più lontano rispetto al nostro pianeta (apogeo) e in quello più vicino. In quest'ultimo caso si parla di “luna al Perigeo”. Ed è quello che accadrà questo mese, anche se in realtà un perigeo ed un apogeo hanno luogo ogni mese. Solitamente la distanza media Terra-Luna è di circa 384.400 km. Sebbene quella di quest'anno sarà davvero una luna da guardare con attenzione, non si tratta del record assoluto. Una superluna ancora più vicina è stata osservata il 19 marzo 2011, quando il nostro satellite si trovava a circa 356.577 km di distanza da noi. Ma l'ultimo perigeo significativo fu nel 1993, quando la distanza tra noi e la Luna fu di soli 357.210 chilometri. Quello del 23 giugno sarà comunque un evento da segnare sul calendario, visto che la prossima volta che la Luna raggiungerà simili 'dimensioni' sarà tra più di un anno, il 10 agosto 2014, quando sarà solo di 5 km più vicina alla Terra. Andrà meglio nel 2015 quando il 28 settembre la Luna sarà lontana da noi “solo” 356.877 km ma per ammirarla ancora più da vicino sarà necessario aspettare fino al 14 novembre 2016 quando la Luna disterà dalla Terra solo 356.509 km.

lunedì 4 marzo 2013

PROBLEMA PLASTICA

La plastica entra nella catena alimentare L’esistenza di vasto accumulo di rifiuti in diverse parti degli oceani e in molte coste è ormai un dato evidente, ma le conseguenze di un secolo di inquinamento dei mari sono ancora in parte sconosciute e necessitano nuovi approcci di ricerca. Su Current Biology di questo mese viene fatto il punto della situazione, fra nuove ricerche, ipotesi e soluzioni per risolvere un problema vasto e cruciale. In circa un mese trascorso a setacciare le acque di Honolulu, un gruppo di 38 ricercatori e volontari con a capo la biologa marina Emelia DeForce, ha raccolto circa 70 mila pezzi di plastica, per un totale di 118 tonnellate. L’area interessata è la ormai leggendaria Great Pacific Garbage Patch, l’isola galeggiante di spazzatura, un agglomerato di rifiuti trasportati dalle coste attraverso le correnti oceaniche. Esistono cinque grandi correnti nel mondo, che ruotano in senso orario nell’emisfero boreale e in senso antiorario in quello australe. Sono le grandi arterie degli oceani, attraverso le quali avvengono gli scambi termici e di nutrienti e lungo le quali s’intrecciano le rotte migratorie di uccelli, pesci e tartarughe. L’intrusione di materiali plastici in queste grandi correnti ha conseguenze varie, come l’ingestione da parte di animali che scambiano buste di plastica per meduse, provocando la morte per soffocamento. Gli Albatros scambiano pezzi di plastica per cibo, dandoli addirittura ai propri piccoli. E non è l’unico uccello marino ad aver inserito la plastica nella propria dieta: il Fulmaro (Fulmarus glacialis) che vive sulle coste del Nord Atlantico e del Nord Pacifico, è considerato addirittura un indicatore per inquinamento da plastica, per l’accumulo di questo materiale nel suo stomaco. Il problema è ancora più esteso se si considera la possibilità che minuscole particelle di plastica siano entrate nella catena alimentare degli oceani e dunque anche dell’uomo. Secondo Anthony Andrady della North Carolina State University, la plastica che negli anni viene decomposta dall’azione del sole e dell’ossigeno, si trasforma in nanoparticelle che penetrano nell’organismo attraverso l’endocitosi. Per questo anche le plastiche biodegradabili non solo non risolverebbero il problema dell’inquinamento, ma addirittura lo moltiplicherebbero per tutti i miliardi di frammenti che penetrano nei tessuti degli esseri viventi. Ricercatori del National Oceanic and Atmospheric Administraton hanno affrontato lo stesso problema analizzando campioni di zooplancton raccolti a largo delle coste americane del Pacifico. Anche le conclusioni di questo studio non sono confortanti: il zooplancton, alla base della catena alimentare oceanica, ha a sua volta ingerito nanoparticelle di plastica. Che si assimilino in maniera chimica attraverso i tessuti o semplicemente mediante ingestione, le particelle hanno conseguenze sugli organismi sia nell’immediato sia per le generazioni future, poiché potrebbero innescare cambiamenti genetici. Se infatti alcuni materiali sono chimicamente inerti, altri sono tossici. Per questo secondo Miriam Doyle , che ha collaborato alla ricerca con il NOAA sul zooplancton del Pacifico, è necessario focalizzare la ricerca sulle tipologie di particelle per capire quale effetto abbiano sull’ambiente. Campagne del NOAA e di molte associazioni ambientaliste hanno spinto negli ultimi anni la stessa industria a riconsiderare i propri comportamenti: nel sito del NOAAs Marine Debris Program si trova una lista di industrie che hanno adottato materiali o tecniche per ridurre l’uso di plastica. Nel frattempo la ricerca prosegue, con dati ancora frammentari, ma con una certezza: le cosiddette isole di plastica sono solo la punta dell’iceberg di un problema tanto più pericoloso quanto più esteso geograficamente e biologicamente.
GRAZIE PER L ARTICOLO TROVATO SUL WEB A: http://gaianews.it/ambiente/la-plastica-entra-nella-catena-alimentare-36367.html E Linda Reali