MARE ADRIATICO

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ITALY

lunedì 17 febbraio 2025

IL FUTURO DELL' AUTO AD IDROGENO CAR GREEN SOLUTION H2

Meno sostanze nocive, meno rumorosità, guida dinamica: le auto elettriche offrono molti vantaggi per il cittadino e per l’ambiente. Quando si parla di elettromobilità quasi tutti pensano a veicoli che si ricaricano collegandoli a una presa elettrica e sono dotati di una grande batteria. Ma esiste anche un’altra interessante tecnologia, molto promettente secondo gli esperti, un’alternativa senza emissioni e senza lunghi tempi di ricarica. Parliamo dell’alimentazione a idrogeno, detta anche alimentazione con celle a combustibile. Come funziona l’alimentazione a idrogeno? Le auto a idrogeno vengono alimentate da un motore elettrico, quindi rientrano a pieno titolo nella tipologia delle auto elettriche. La sigla che si usa comunemente per designarle è FCEV, che significa “Fuel Cell Electric Vehicle” (le “Fuel Cell” sono le celle a combustibile in inglese), per distinguerle dalle auto elettriche alimentate a batteria, ossia le Battery Electric Vehicle, o BEV. Una differenza decisiva rispetto agli altri veicoli elettrici consiste nel fatto che i veicoli a idrogeno producono da soli l’energia elettrica. Non prelevano l’energia da una batteria integrata come le auto esclusivamente elettriche o le ibride plug-in, che si possono ricaricare collegandole a una presa elettrica esterna. Le auto a idrogeno hanno, per così dire, un‘efficientissima centrale elettrica propria a bordo, che converte l’idrogeno caricato in elettricità. E questa centrale elettrica è la cella a combustibile. Nella cella a combustibile si svolge un processo particolare, la cosiddetta elettrolisi inversa, durante la quale l’idrogeno reagisce con l’ossigeno. L’idrogeno proviene da uno o più serbatoi presenti sull’auto, mentre l’ossigeno viene dall’aria circostante. Questa reazione genera esclusivamente energia elettrica, calore e acqua, che fuoriesce dal terminale di scarico sotto forma di vapore acqueo, assolutamente senza emissioni. La corrente generata nella cella a combustibile del motore a idrogeno può prendere due strade, in funzione delle necessità concrete della situazione di guida: arriva al motore elettrico e alimenta direttamente il veicolo e/o carica una batteria che funge da accumulatore intermedio fino a quando l’energia è necessaria per la trazione. Questa cosiddetta batteria da trazione è più piccola e quindi più leggera della batteria di un’auto esclusivamente elettrica, perché viene costantemente alimentata dalla cella a combustibile. Come le altre auto elettriche anche i veicoli a idrogeno sono in grado di recuperare l’energia in frenata. Il motore elettrico converte l’energia cinetica dell’auto in energia elettrica e la alimenta nella batteria tampone. Le auto a idrogeno hanno una trazione esclusivamente elettrica e viaggiano a zero emissioni locali. La sensazione di guida è come quella delle auto elettriche che già conosciamo. In altre parole: un’accelerazione dinamica e quasi completamente silenziosa, dato che i motori elettrici rendono disponibile tutta la coppia anche a bassi regimi. Il vantaggio principale, nonché il maggior vantaggio competitivo, è rappresentato dal breve tempo di rifornimento. I veicoli a idrogeno hanno un’autonomia analoga a quella delle auto elettriche con sistemi di accumulo a batteria molto grandi. Per soddisfare la crescente domanda di stazioni di ricarica elettrica per tutti i veicoli BEV, le unità a idrogeno possono contribuire ad ampliare l’infrastruttura esistente. Inoltre, l’idrogeno è uno dei modi più efficienti per immagazzinare e trasportare l’energia rinnovabile e svolge quindi un ruolo importante nel futuro approvvigionamento energetico. I veicoli FCEV utilizzano lo stesso gruppo propulsore elettrico dei BEV, ma si differenziano per il modo in cui immagazzinano l’energia. Commercializzando auto a idrogeno, entrambe le tecnologie, con celle a combustibile e a batterie, ne traggono uguale vantaggio, riducendo i costi sul lungo periodo. Potenziale: l’idrogeno deve essere prelevato da speciali distributori. Questa infrastruttura viene ampliata continuamente, in tutto il mondo. Studi condotti in Germania dimostrano che un’infrastruttura con stazioni di ricarica elettrica e di rifornimento di idrogeno è complessivamente più economica di un’infrastruttura di ricarica esclusivamente elettrica. Per promuovere un ampliamento dell’infrastruttura, le case automobilistiche hanno creato l’iniziativa Clean Energy Partnership assieme ai produttori di idrogeno e ai gestori dei distributori. La pianificazione e la gestione delle stazioni di rifornimento di idrogeno in Germania è affidata a H2 MOBILITY. I pochi modelli di veicoli a idrogeno già disponibili sul mercato costano, ancora, più delle auto elettriche o ibride con caratteristiche analoghe. I motivi del prezzo attualmente elevato delle auto a idrogeno sono molteplici. Oltre al livello di industrializzazione ancora arretrato nella produzione, anche la necessità di platino ha il suo peso. Questo metallo nobile è necessario come catalizzatore per generare corrente. La quantità di platino necessaria per le celle a combustibile delle auto è già stata notevolmente ridotta; inoltre, il platino rientra sempre più nel ciclo dei materiali attraverso il riciclo dei catalizzatori. Anche il numero ridotto di unità in circolazione è un motivo, ma temporaneo. Infatti, dal momento che l’uso della tecnologia dell’idrogeno è molto simile per molte applicazioni, come ad esempio nei veicoli commerciali, nei treni, negli aerei o anche nelle soluzioni stazionarie, si può ipotizzare che ci siano effetti unitari, anche perché la dipendenza dalle materie prime è minore rispetto ai BEV. Oltre al prezzo di acquisto, anche i costi di gestione hanno un ruolo importante in termini di economicità e accettazione di questa tecnologia propulsiva. Per le auto a idrogeno, essi dipendono non da ultimo dal prezzo del carburante. Attualmente, un chilogrammo di idrogeno costa circa 14 euro. Con un chilogrammo di idrogeno, un‘auto a celle a combustibile può percorrere circa 100 chilometri. Quindi, i costi al chilometro di un’auto a idrogeno sono attualmente pari a quelli dei veicoli a combustione. Se la produzione di idrogeno aumenterà a livello mondiale, come è attualmente prevedibile, il prezzo al chilogrammo in Germania potrebbe scendere a circa 4 a 6 euro entro il 2030. Quali sono le caratteristiche di ecocompatibilità e sostenibilità dell’alimentazione a idrogeno? Un’auto che viene alimentata solo con energie rigenerative e non produce emissioni dannose: ecco la soluzione ideale dal punto di vista ecologico. Vediamo quanto le auto a celle a combustibile si avvicinano a questo ideale rispetto ad altri tipi di propulsione. Le trazioni alternative sono tenute per legge a ridurre le emissioni di sostanze inquinanti, in particolare della CO2, così dannosa per il clima, e anche di gas nocivi per la salute come gli ossidi di azoto. Le emissioni di un’auto a idrogeno sono costituite solo da vapore acqueo. La trazione con celle a combustibile è quindi priva di emissioni locali e mantiene pulita l’aria delle nostre città. Ma rispetta anche il clima? Dipende dalle condizioni di produzione dell’idrogeno. Per produrre idrogeno è necessaria l’energia elettrica. Durante il processo di elettrolisi, la corrente separa l’acqua nei suoi componenti, ossia idrogeno e ossigeno. Se la corrente utilizzata deriva da energie rinnovabili, la produzione di idrogeno ha un impatto climatico pari a zero. Se invece vengono utilizzati carburanti fossili, anche l’impatto climatico di un’auto a idrogeno può essere negativo. L’effetto dipende dal mix di corrente utilizzato. In questo l’auto a idrogeno non si differenzia dalle altre auto elettriche. Uno svantaggio nella produzione di idrogeno è dato dalle perdite causate dall’elettrolisi. L’efficienza complessiva della catena energetica, dalla produzione di elettricità al funzionamento del veicolo, è attualmente pari solo alla metà di quella di un BEV. Tuttavia, se si considera l’intero ciclo di vita dei FCEV e dei BEV, le due tipologie non si discostano poi di tanto. Tuttavia, a volte è possibile produrre l’idrogeno in momenti in cui è disponibile un eccesso di corrente elettrica derivante da fonti rinnovabili, perché l’energia eolica o solare prodotte non vengono ulteriormente utilizzate. Il potenziale è enorme. L’idrogeno si forma anche come sottoprodotto di numerosi processi industriali e viene spesso trattato come rifiuto e quindi non riutilizzato. La trazione con celle a combustibile offre in questo caso una possibilità di upcycling dell’idrogeno. Nel caso della produzione di idrogeno da combustibili fossili, esiste anche la possibilità di immagazzinare la CO2 risultante (“cattura e stoccaggio del carbonio”) o addirittura di utilizzarla (“cattura e utilizzo del carbonio”): questo idrogeno viene definito idrogeno “blu”. Del bilancio energetico delle auto a celle a combustibile fanno parte anche il trasporto e lo stoccaggio dell’idrogeno. A seconda della tecnologia di trasporto utilizzata (sotto forma di liquido o di gas), i costi per la compressione, il raffreddamento, il trasporto e la conservazione sono diversi. Tuttavia, il trasporto e lo stoccaggio dell’idrogeno sono molto più costosi e comportano un consumo più elevato di energia rispetto alla benzina e al diesel. al contrario dei combustibili fossili è possibile produrre idrogeno ovunque siano disponibili energia e acqua, addirittura anche presso le aree di servizio, come dimostrano gli esempi di Anversa (Belgio) e Fürholzen (Germania). Un’infrastruttura più ampia potrebbe quindi ridurre notevolmente la necessità di trasporto in futuro. Conclusioni: questo tipo di trazione ha il potenziale di consentire una mobilità ecologicamente sostenibile. Le premesse necessarie sono in particolare l’utilizzo di energie rigenerative nella produzione di idrogeno e un ampliamento delle infrastrutture tecnologiche che consentano di ridurre le vie di trasporto. Quali rischi presenta l’alimentazione a idrogeno? Cosa succede se l’idrogeno reagisce con l’ossigeno in modo incontrollato? Molti se lo ricordano per le lezioni di chimica frequentate a scuola: si ha la reazione del gas tonante. L’idrogeno è infiammabile. Per evitare una reazione incontrollata di idrogeno e ossigeno durante il funzionamento di un’auto a celle a combustibile, l’idrogeno del veicolo viene immagazzinato in forma gassosa in serbatoi dalle pareti spesse, che sono particolarmente sicuri. Numerosi crash test hanno dimostrato la sicurezza di questa struttura: i serbatoi non hanno subito danni e l’idrogeno non è fuoriuscito. E non dimentichiamo che la tecnologia dell’idrogeno non è nuova, anzi: in molti settori si è affermata da tempo. Le raffinerie, ad esempio, impiegano grandi quantità di idrogeno come gas di processo nella lavorazione del petrolio greggio. Anche le condutture e i depositi di idrogeno esistono da decenni. L’Hydrogen Council ritiene che l’idrogeno sia non solo una soluzione sostenibile per la mobilità del futuro, ma anche un vettore energetico pulito in grado di generare calore e corrente elettrica e utilizzabile a livello industriale. Secondo un rapporto dell’AIE (Agenzia Internazionale dell’Energia), l’idrogeno ha un grande potenziale come vettore energetico del futuro nel quadro delle attività mondiali per la transizione energetica. Grazie alla sua trasportabilità e possibilità di stoccaggio, l’idrogeno può essere utilizzato in un’ampia gamma di applicazioni.
FONTI: Autore: Nils Arnold; Art: Lucas Lemuth; Illustrazioni: Cyprian Lothringer;
https://www.bmw.com/it/innovation/come-funzionano-le-auto-a-idrogeno.htmlhttps://www.bmw.com/it/innovation/come-funzionano-le-auto-a-idrogeno.html

sabato 2 marzo 2024

SEVDALIZA GRANDE CANTANTE ARTISTICA ALTERNATIVA NEL PANORAMA MUSICALE ODIERNO

 https://sevdaliza.com/



Nata in Iran da una famiglia di origini azero-iraniane, persiane e russe, si trasferisce con l'intera famiglia in Olanda nel 1992. Qui completa la formazione scolastica e si laurea in scienze della comunicazione, iniziando a pubblicare musica a partire dal 2012. Proprio nel 2012 viene edito il suo EP di debutto Zwartgoud, a cui fanno seguito Children of Silk e The Suspended Kid nel 2015. In questi anni il suo stile oscilla principalmente fra i generi Contemporary R&B e Trip Hop, che continueranno a caratterizzarla anche per gli anni successivi. Nel 2016 è protagonista del cortometraggio The Formula, il quale include al suo interno alcune sue canzoni. Dopo aver pubblicato vari singoli, nel maggio 2017 l'artista pubblica il suo album di debutto ISON, con cui entra nella classifica olandese. Il progetto viene realizzato come visual album, con video realizzati sotto forma di lungometraggio per una durata equivalente a quella dell'album. Sempre nel 2017 realizza il singolo Bebin, con il quale attacca la politica di Donald Trump nei confronti dell'immigrazione. Nei mesi successivi l'artista intraprende una tournée internazionale. Nel marzo 2018 pubblica l'EP The Calling, per poi intraprendere un'altra serie di concerti. Sempre nel 2018 vince due premi durante la manifestazione Shark Music Video Awards. Nel marzo 2019 pubblica il singolo Darkest Hour, definendolo l'inizio di una nuova fase della sua carriera. Segue l'anno successivo la pubblicazione del suo secondo album in studio Shabrang,con cui ottiene piazzamenti in varie classifiche nazionali. Nel 2022 pubblica l'EP Raving Dahlia; uno dei singoli estratti dal progetto, Everything Is Everything, vince il premio di migliori effetti speciali ai Berlin Video Music Awards.

WIKIPEDIA

PILLOLE DELLA SUA MUSICA...

Il nome Sevdaliza ha un significato complesso: in arabo si può rendere con “bile nera”, in turco con “amore” e in portoghese con qualcosa che ha a che fare con la malinconia. «Questi tre…sono io!», disse qualche anno fa durante un’intervista pubblicata sulla rivista Dazed in occasione dell’uscita di ISON.

«Quest’album è una profonda lettera d’amore a me stessa, il mio Sacro Graal, che ho dovuto scrivere per avere fiducia nella vita e nell’amore, in me stessa e nel mio personaggio in quanto essere umano».

 Per fronteggiare la pandemia, Sevdaliza ha rinunciato al tradizionale tour post-album a favore di un’esperienza virtuale unica, Colors of the Night, concerto trasmesso dal Royal Theatre de L’Aia.

“Joanna” è uno dei pezzi più vulnerabili scritti finora da Sevdaliza – per sua stessa ammissione realizzato in uno dei periodi più oscuri della sua vita –, una storia universale di amore non corrisposto: inizio epico con melodia di dulcimer e la voce che canta di un amore immortale, un amore che si nasconde in un luogo segreto, un amore affamato e ferito e dunque pericoloso.

Un momento intrigante è rappresentato dalla cover di “Gole Bi Goldoon”, pop song tradizionale incisa nel 1974 dalla cantante iraniana Googoosh, che nelle mani di Sevdaliza si trasforma nel racconto emotivo di un abbandono, col solo accompagnamento di piano e violino, per poi fondersi con la club track post-atomica “Darkest Hour”.

«C’è qualcuno là fuori in grado di farmi uscire dalla mia testa?» - “Habibi”

L’uso misurato dell’Auto-Tune rende affascinante “Habibi”, l’ultimo singolo che ha preceduto l’album, canzone che unisce i talenti di Sevdaliza e del suo produttore Mucky, soffice ballata per pianoforte scritta qualche anno fa a Beirut.

“Oh My God”, avant pop con la voce trattata di Sevdaliza e un basso profondo, fa riferimento alla guerra economica tra Stati Uniti e Iran e alle sanzioni imposte dai primi e risulta uno dei momenti migliori della raccolta, accompagnato da un video delizioso, composto com’è da immagini di Sevda bambina.

Spesso la musica di Sevdaliza è stata avvicinata a quella di FKA Twigs e questo paragone non l’ha aiutata. Shabrang, pur con le sue imperfezioni, ci restituisce un’artista consapevole delle proprie capacità, in grado di dipingere in maniera personale il suo mondo influenzato in egual misura da realtà e immaginazione.

«Voglio essere il tuo segreto, o almeno la sua custode» - “Eden”

GRAZIE A QUESTA FONTE:  https://www.giornaledellamusica.it/dischi/sevdaliza-una-lettera-damore-se-stessa


(VANITY FAIR)

mercoledì 12 aprile 2023

Vaccini mRNA per combattere i tumori ed altre malattie entro il 2030



Moderna torna a parlare della possibilità concreta di avere vaccini contro i tumori, le malattie autoimmuni e cardiovascolari in una manciata di anni.


Il futuro potrebbe essere un luogo più rassicurante da abitare, se è vero che, come va dichiarando attraverso i suoi portavoce l'azienda farmaceutica Moderna, potremo presto combattere il cancro e altre invalidanti malattie usando i vaccini.

Paul Burton, direttore sanitario dell'azienda divenuta famosa ai più durante la pandemia, ha dichiarato al Guardian in esclusiva di essere convinto che avremo vaccini contro diversi tipi di tumori, contro i problemi cardiovascolari e molte patologie autoimmuni o malattie genetiche rare già nel 2030. Il CoViD-19 ha infatti messo il turbo alla tecnologia a mRNA, accelerando di una quindicina di anni filoni di ricerca in corso da tempo.

«Penso che saremo in grado di offrire vaccini personalizzati contro il cancro che funzionino per diversi tipi di tumore alle persone di tutto il mondo» ha detto, decisamente sbilanciandosi, Burton, aggiungendo che saranno «molto efficaci, e salveranno molte centinaia di migliaia, se non milioni, di vite». L'orizzonte temporale dichiarato per l'azienda è di cinque anni appena.

Il punto, ha detto Burton, è «riuscire a individuare con certezza la causa genetica di una malattia». Ciò permetterebbe di sfruttare la stessa tecnologia a mRNA che abbiamo messo in campo contro il covid per insegnare alle cellule del nostro corpo a produrre l'esatta proteina capace di scatenare il sistema immunitario contro la patologia che si vuole combattere.

Nel caso dei vaccini personalizzati contro il cancro, tutto comincerebbe da una biopsia del tumore del paziente, da inviare in laboratorio per individuare le mutazioni genetiche caratteristiche delle cellule malate e non presenti in quelle sane.

Si arriverebbe così alla fase di selezione, in cui un algoritmo identifica quali sono le mutazioni che guidano la crescita del tumore e che potrebbero sollecitare la risposta del sistema immunitario contro di esso. A questo punto si potrebbe creare una molecola di mRNA (RNA messaggero: il materiale genetico che contiene le istruzioni per la sintesi di nuove proteine) che contenga la ricetta per creare le proteine principali (antigeni: proprio come la spike del SARS-CoV-2) che causino una risposta immunitaria.

Dopo il vaccino, le istruzioni contenute nell'mRNA verrebbero usate dall'organismo per produrre frammenti di proteine identici a quelli trovati sulle cellule tumorali. Il sistema immunitario li userebbe per imparare a distruggere ogni cellula con quelle specifiche caratteristiche e a quel punto passerebbe a eliminare le cellule malate.

Lo stesso principio potrebbe servire a preparare vaccini contro malattie rare fino a oggi non trattabili, condizioni autoimmuni o malattie cardiovascolari perché, continua Burton, «penso che abbiamo imparato negli ultimi mesi che se qualcuno pensava che i vaccini a mRNA fossero soltanto per le malattie infettive, o soltanto per il covid, ora è evidente che non è così».

Nello stesso vicino futuro potremmo anche immaginare che i pazienti vulnerabili alle infezioni respiratorie vengano protetti da diverse patologie (per esempio covid, influenza e virus respiratorio sinciziale) con un'unica iniezione. A gennaio la Moderna aveva annunciato i risultati molto promettenti di un trial clinico di un vaccino a mRNA contro il virus sinciziale.

Anche altre aziende farmaceutiche (come Pfizer-BioNTech) lavorano per sfruttare la tecnologia a mRNA così efficace contro il Covid in altri ambiti di cura. Gli scienziati sono concordi nel ritenere che si debba capitalizzare l'accelerazione avvenuta in questi ultimi anni dirigendo grandi investimenti nel settore, per non perdere la spinta propulsiva. Solo così la pandemia potrà lasciare in eredità anche qualcosa di buono.

https://www.focus.it/autori/elisabetta-intini

FONTE: https://www.focus.it/scienza/salute/avremo-vaccini-contro-il-cancro-e-le-malattie-cardiache-entro-il-2030

giovedì 21 aprile 2022

VACCINI mRNA

 

                                            (WIKIPEDIA)

(AGGIORNATO A DICEMBRE 2021)

Sono decenni che scienziati da tutto il mondo studiano l’RNA, nonostante le difficoltà tecniche legate alla struttura stessa della molecola.

Mentre il DNA è una molecola a doppio filamento e quindi stabile, l’RNA in natura si ritrova più frequentemente come un singolo filamento che lo rende facilmente degradabile.

Esistono tre tipi diversi di RNA, comuni a tutti gli organismi cellulari e tutti coinvolti nella sintesi delle proteine:

  • l’RNA messaggero (mRNA) depositario delle informazioni;
  • l’RNA ribosomiale (rRNA) che collabora con i ribosomi per trasformare le informazioni del messaggero in proteine;
  • l’RNA di trasporto (tRNA) necessario per la traduzione del messaggero in proteine.

Pochissimi studiosi avrebbero scommesso sul futuro terapeutico dell’RNA messaggero, ma oggi sono proprio queste molecole che stanno facendo la differenza.

Che cosa è l’RNA messaggero?

L’RNA messaggero è stato scoperto nel 1961. Ricopre un ruolo fondamentale per la sopravvivenza dell’essere umano, essendo indispensabile per produrre le proteine.

La ricetta per la produzione delle proteine viene “custodita” sì nel DNA, ma è poi l’RNA messaggero che la distribuisce in tutte le cellule dando informazioni circa il momento e il luogo di produzione.

L’RNA messaggero è quindi una sorta di postino che trasmette importanti messaggi alle cellule. Da qui nasce l’idea negli anni ’90 di utilizzare degli RNA messaggeri sintetici a scopo terapeutico: introdurre all’interno delle cellule un’informazione, l’RNA messaggero per l’appunto, per produrre una proteina terapeutica.

Quali sono i limiti dell’RNA messaggero e come vengono superati?

Il primo grosso limite che i ricercatori hanno dovuto fronteggiare è stata l’instabilità dell’RNA e la sua tendenza a degradarsi velocemente. Infatti, mentre il DNA è un acido nucleico costituito da un doppio filamento, organizzato in una doppia elica, che conferisce quindi a questa molecola una grande stabilità, l’RNA, invece, è una molecola a singolo filamento, più fragile.

Il rischio è che venga rapidamente “demolita” prima ancora di aver portato il messaggio all’interno delle cellule.

Grazie alla scoperta delle nanotecnologie, è stato possibile superare questo ostacolo: inglobando le delicate molecole di RNA all’interno di piccolissime bolle di grasso (nanoparticelle lipidiche), queste riescono a raggiungere la loro destinazione ancora integre. Lo strato di grasso si fonde con la membrana esterna delle cellule così che le molecole di RNA messaggero vengano rilasciate all’interno della cellula stessa.

Quando inizia la storia dei vaccini a mRNA?

Negli anni ’80 è stata prodotta la prima molecola di mRNA sintetico: l’allora neolaureato Robert Malone riuscì a far produrre alle sue cellule di laboratorio la proteina di suo interesse. Come? Mescolando le molecole di RNA appena sintetizzato a goccioline di grasso. Da lì l’ipotesi: se le cellule riescono a produrre proteine a partire da mRNA che viene dall’esterno, si può considerare l'RNA un farmaco?

Qualche anno dopo, questo traguardo ha spinto la biologa ungherese Katalin Karikò e l’immunologo Drew Weissman a sviluppare un vaccino a mRNA per l’HIV. Successivamente i due scienziati capirono che bastava semplicemente modificare la struttura di uno dei mattoncini che costituiscono l’RNA per placare la risposta infiammatoria innescata nei modelli animali da queste piccole molecole.  

La ricerca e lo sviluppo di vaccini a mRNA venivano però considerati ancora troppo costosi dalle aziende farmaceutiche. Fino al 2000, quando nacquero BioNTech e Moderna. La piattaforma a mRNA è stata presa in considerazione per lo sviluppo di vaccini contro agenti patogeni infettivi, soprattutto dopo i tanti fallimenti dei vaccini convenzionali (vedi l'HIV-1, il virus dell’herpes simplex e il virus respiratorio sinciziale).

Fu subito chiaro quanto i vaccini a mRNA soddisfino i requisiti di un vaccino clinico ideale: sicuro, versatile e di veloce disegno, progettazione e produzione, anche su larga scala. La ricerca sui vaccini a mRNA ha raggiunto il suo picco tre anni fa, in tempi non sospetti.

I campi applicativi dei vaccini a mRNA vanno oltre il Covid-19: la ricerca sta prendendo in considerazione lo sviluppo di vaccini di questo tipo che combattano anche altri coronavirus e altre malattie infettive. Così come i virus dell’influenza, dell’herpes, dell’epatite C, dell’HIV, della malaria, e per il morbo di Lyme. Ed infine nulla toglie che in un futuro non troppo lontano si sviluppino vaccini anche contro malattie genetiche rare, orfane di cura.

I vaccini a mRNA nella lotta ai tumori

Mentre i vaccini a mRNA per il Covid-19 stimolano la nostra risposta immunitaria per proteggerci dal virus (prevenzione), un vaccino a mRNA per i tumori stimola il sistema immunitario dei pazienti ad attaccare le cellule tumorali (terapia).

È stato dimostrato, infatti, che i vaccini a mRNA sono in grado di scatenare sia una risposta anticorpale per combattere il “nemico”, come nel caso del Covid-19, sia una risposta cellulare. Sono proprio le cellule T quelle che possono annientare le cellule tumorali, grazie alle informazioni ricevute dalle molecole di RNA messaggero.
Un vaccino a mRNA nel settore oncologico prende di mira le nuove proteine che si formano sulle cellule tumorali quando si verificano specifiche mutazioni nel DNA, chiamate neoantigeni. I neonatigeni rappresentano una specie di firma personale in ciascun paziente. Per questo motivo rappresentano una vera sfida non solo dal punto di vista della tecnologia vaccinale ma anche dal punto di vista della medicina personalizzata.

Inizialmente la piattaforma del vaccino a mRNA di BioNtech era stata sviluppata e testata nell’uomo come vaccino sperimentale in 13 pazienti affetti da melanoma nel 2008. La risposta immunitaria innescatasi in seguito a vaccinazione è stata molto elevata e il rischio di sviluppare nuove lesioni metastatiche si è significativamente ridotto.

Moderna, invece, aveva sviluppato un vaccino a mRNA per tumori solidi. Usato in combinazione con un inibitore del checkpoint (che rende il sistema immunitario “disinibito”), il vaccino è stato in grado di ridurre il tumore in sei pazienti su 20.

I vaccini a mRNA nella lotta al Covid-19

Quando il nuovo coronavirus SARS-CoV2 ha cominciato a diffondersi in tutto il mondo destando molte preoccupazioni, Moderna si è subito messa all’opera per sviluppare un prototipo di vaccino non appena la sequenza del genoma del virus è stata resa nota. Insieme al National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) degli Stati Uniti ha avviato studi preclinici e clinici in meno di dieci settimane.

Anche la BioNTech, dopo aver deciso di collaborare con la Pfizer, ha avviato trial clinici già nel marzo 2020, passando dai primi test all'autorizzazione in emergenza in meno di otto mesi. 

Al contrario di quanto dichiarano tante fonti attraverso fake news, non sono state assolutamente saltate tappe fondamentali nel processo di sviluppo e autorizzazione di questi vaccini. Anzi, la velocità con cui sono stati ottenuti i vaccini è da attribuirsi al bagaglio scientifico e tecnologico acquisito negli anni e alla grossa quantità di risorse economiche, sia pubbliche che private, messe a disposizione in tutto il mondo.

Non dimentichiamoci inoltre del grande sforzo messo in atto dagli enti regolatori per valutare la documentazione messa a disposizione dalle industrie farmaceutiche al termine di ogni fase di ricerca clinica. Nella scienza e nella medicina, infatti, non esistono scoperte “inattese”: tutto si basa su anni e anni di ricerca, fatta di successi, fallimenti e tanti imprevisti. Grazie a queste solide fondamenta è stato possibile sviluppare in tempi record i primi vaccini basati su mRNA per fermare la diffusione del Covid-19

Come funziona un vaccino a mRNA?

Un vaccino ha lo scopo di stimolare il sistema immunitario a difendersi da determinate malattie, “presentandogli” l’agente patogeno in via preventiva.

Oggi la maggior parte dei vaccini è a base di virus attenuati o morti.

vaccini a mRNA, invece, usano un codice genetico, quello contenuto appunto nella molecola di RNA messaggero, per istruire le cellule del nostro corpo a produrre proteine che poi il sistema immunitario riconoscerà come estranee producendo anticorpi e in seguito cellule della memoria.

Per sapere come funziona, leggi qui.

I vaccini a mRNA hanno effetti a lungo termine?

L’ansia maggiore di questo ultimo periodo deriva dal dubbio di eventuali effetti indesiderati a lungo termine di questi "nuovi" vaccini a mRNA.

La letteratura scientifica riguardo a questo approccio innovativo non riporta esempi di effetti a lungo termine, in quanto il tempo di permanenza di una molecola di mRNA all’interno dell’organismo è davvero breve. La loro naturale instabilità fa sì che vengano eliminate rapidamente, entro due giorni dalla somministrazione.

La campagna vaccinale è iniziata da quasi un anno e oggi si contano più di sette miliardi di persone che hanno ricevuto una dose o la vaccinazione completa con tutti i vaccini a disposizione. In Italia stime aggiornate riportano che i vaccini somministrati maggiormente sono stati proprio quelli a mRNA (Pfizer e Moderna). Al momento non sono stati registrati segnali di allarme comparsi a distanza di tempo dall'inoculazione: il sistema di sorveglianza continuerà sempre a monitorare la loro sicurezza a scopo precauzionale, così come si fa per qualsiasi altro farmaco.


Fonti:

The tangled history of mRNA vaccines

How do mRNA Vaccines Work?

Vaccini in tempo reale


FONTE: https://www.marionegri.it/magazine/vaccini-a-mrna

'ISTITUTO DI RICERCHE FARMACOLOGICHE MARIO NEGRI IRCCS

Raffaella Gatta - Content Manager

In collaborazione con Susanna Tomasoni - Laboratorio Terapia Genica e Riprogrammazione Cellulare - Dipartimento di Medicina Molecolare'

giovedì 26 marzo 2020

GREENPEACE: DOPO IL CORONAVIRUS PENSARE UNA RIFORMA VERDE PER IL PIANETA




Ognuno di noi sta facendo la sua parte per contribuire al superamento della critica situazione legata al Coronavirus, ma tutti sappiamo che è importante iniziare a discutere cosa fare quando questa emergenza, prima o poi, finirà. Molte cose sono cambiate nelle nostre vite, e non solo: tanti saranno anche i cambiamenti che riguardano il nostro modello economico, soprattutto in Europa, che rappresenta l’orizzonte delle politiche in cui ci muoviamo e che contribuiremo a determinare. Il superamento del patto di stabilità è un fatto completamente nuovo e ci dice quanto questa pandemia stia mettendo in gioco le strutture economiche attuali. Strutture che vanno cambiate. La connessione tra pandemie e distruzione della biodiversità è stata esplorata in diversi studi e è riconosciuta da numerosi esperti: non c’è dubbio che la particolare severità con cui la pandemia sta colpendo certe zone del Paese – come in pianura padana – sia connessa anche alle condizioni strutturali di forte inquinamento della qualità dell’aria, condizioni che persistono da decenni e che hanno già, di per sé, un elevato impatto sulla mortalità in eccesso: da alcuni anni la stessa Agenzia Europea per l’Ambiente ne riporta le stime: 76.200 morti in Italia nel 2016.
Dunque, abbiamo più di un motivo, seguendo il principio di precauzione, per una riforma strutturale del nostro modo di produrre e consumare, ed è il momento di attuarla. Patto di stabilità: è necessario uscire dal dogma dell’austerità – anche a lungo termine – e iniziare a promuovere gli obiettivi sociali e ambientali, trasformandolo in un patto per promuovere il benessere umano e la protezione dell’ambiente naturale. E, dunque, investire in una transizione equa verso un’economia a zero emissioni di CO2, creare posti di lavoro di qualità, e investire in infrastrutture pubbliche che assicurino la qualità della vita, dalla sanità, ai servizi di mobilità pubblica, istruzione etc. Quanto più tempo aspettiamo per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e per proteggere la biodiversità, tanto maggiori saranno i costi per la vita umana e i mezzi di sussistenza, tanto maggiore sarà il danno al Pianeta che ci sostiene, tanto maggiori saranno i costi finanziari e tanto più ingiusti saranno l’impatto e i costi sociali. L’attuale crisi è un campanello d’allarme per il nostro dovere di proteggere le persone e il Pianeta. Per questo è necessario che l’Europa punti a ridurre di almeno il 65% le emissioni di CO2 al 2030 – in linea con le più recenti conoscenze scientifiche –  e ad arrestare la perdita di biodiversità.In parole povere, va cambiato il paradigma: bisognerà investire nelle persone, non nelle industrie. Laddove i governi stanno pianificando di fornire un sostegno finanziario alle aziende, questo dovrà essere subordinato a non licenziare i lavoratori, e a garantire che tutti loro abbiano accesso ai servizi di cui hanno bisogno. Per le industrie fortemente inquinanti, bisognerà prestare particolare attenzione a garantire che i fondi destinati a sostenere i lavoratori non siano usati per promuovere gli interessi delle aziende, sostenere pratiche devastanti dal punto di vista ambientale o gli stipendi dei dirigenti. Dopo il crollo finanziario del 2008, abbiamo assistito a un flusso sproporzionato di fondi pubblici verso le industrie inquinanti e le aziende più ricche. La risposta alla crisi finanziaria globale ha aggravato la disuguaglianza e ha dato una spinta controproducente alle industrie che causano i cambiamenti climatici. La Banca europea per gli investimenti (BEI) e la Banca centrale europea (BCE) devono aprire la strada promuovendo solo investimenti in soluzioni climatiche come ferrovie e altre infrastrutture di trasporto pubblico, strutture per la mobilità ciclistica, servizi idrici pubblici, soluzioni locali di gestione dei rifiuti che diano la priorità ai sistemi locali di riutilizzo, compostaggio e riparazione; fonti rinnovabili sviluppate da comunità energetiche e promozione di standard di efficienza energetica. E gli investimenti in queste soluzioni dovrebbero essere permanentemente escluse dalla regola del disavanzo nazionale del 3%. In una fase di instabilità sociale ed economica è ancora più importante che alimenti sani ed ecologici a base vegetale siano ampiamente disponibili e convenienti. Attualmente oltre un terzo del bilancio dell’UE finanzia sussidi agricoli nell’ambito della PAC. Questo denaro pubblico deve essere trasferito da fattorie industriali insostenibili a un’agricoltura intensiva a un’agricoltura più ecologica che partecipa alla costruzione di un modello alimentare e agricolo diversificato e resiliente, che protegga la biodiversità.Proteggere e rafforzare la democrazia. Bisogna garantire che le regole sviluppate nel contesto di un’emergenza nazionale si applichino solo all’emergenza. Ai governi non deve essere permesso di darsi poteri extra che possano mantenere dopo la fine della crisi o che si estendano oltre ciò che è necessario per il suo contenimento, così come sarà necessario adottare regole per garantire le elezioni e sostenere le istituzioni democratiche. Quando questa emergenza sarà finita, la qualità della nostra civiltà sarà definita dalle scelte che avremo fatto per proteggere i più deboli e promuovere un modello diverso di produrre e consumare, e non gli interessi delle multinazionali – soprattutto quelle fossili – che ancora dominano il panorama attuale. 

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CIGARETTES AFTER SEX MUSICA ALTERNATIVE AMBIENT POP U.S.A. STUPENDA


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Cigarettes After Sex sono un gruppo musicale ambient pop statunitense formatosi nel 2008 a El PasoTexasFino al 2018 la band è stata composta da quattro membri: Greg Gonzalez (vocechitarra elettrica, chitarra acusticabasso), Phillip Tubbs (chitarra elettricatastiere), Randall Miller (basso) e
Jacob Tomsky (batteria). I Cigarettes After Sex si formarono nel 2008 a El PasoTexas. Gonzalez registrò il primo EP, I., in una scalinata a quattro piani in un edificio dell'Università del Texas a El Paso. "Nothing's Gonna Hurt You Baby", "I'm a Firefighter", "Dreaming of You" e "Starry Eyes" furono registrati per I. Gonzalez si trasferì poi a Brooklyn, New York, dove nel 2015 fu registrato e pubblicato il singolo "Affection" assieme a una cover del brano "Keep on Loving You" dei REO SpeedwagonI Cigarettes After Sex ottennero milioni di visualizzazioni su YouTube tramite raccomandazioni musicali, che li portarono a fare concerti in giro per l'Europa, l'Asia e gli Stati Uniti. Il loro omonimo album di debutto fu pubblicato il 9 giugno 2017. "Nothing's Gonna Hurt You Baby" compare nell'episodio 7 della prima stagione di The Handmaid's Tale, nell'episodio 7 di The Sinner e nell'episodio 9 dell'ottava stagione di ShamelessNel 2018 il tastierista Phillip Tubbs, dopo 9 anni, lascia il gruppo per ragioni familiari e musicali, decidendo di voler produrre musica propria. Nel suo messaggio di addio ha speso parole molto affettuose nei confronti degli altri membri del gruppo, definendo loro "le persone più dolci e gentili che si possano incontrare".

FONTE WIKIPEDIA















DEDICA A...CALCUTTA IL MIO PREFERITO INDIE

FOTO RIPRESA DA:https://berlinomagazine.com/2019-calcutta-arriva-in-concerto-a-berlino-amsterdam-parigi-bruxelles-madrid-e-tante-altre-citta-europee/

DA YOUTUBE LA CANZONE "CANE"

Gli esordi e primi lavori (2007-2014)


Attivo come musicista in diversi gruppi musicali locali fin dal 2007, nel 2009 fonda il duo musicale Calcutta. In seguito all'abbandono dell'altro membro, Marco Crypta, Calcutta mantiene il nome, scelto casualmente e lo adotta come nome d'arte. Nel 2012 pubblica per l'etichetta Geograph Records il suo primo disco intitolato Forse..., a seguito del quale si esibisce in diversi locali d'Italia. Il 5 agosto 2013 pubblica un EP dal titolo The Sabaudian Tape.In questo periodo collabora con Davide Panizza, frontman dei Pop X, nell'ambito del progetto Friuilli, incidendo numerosi brani mai pubblicati ufficialmente. Lo stesso Calcutta ha dichiarato di aver scritto il brano Oroscopo, suo primo successo commerciale, in occasione della nascita del figlio dell'artista trentino.

Mainstream, il successo e le collaborazioni (2015-2017)




Nel 2015, in collaborazione con Marta Venturini e Niccolò Contessa de I Cani, produce e pubblica il suo secondo lavoro, Mainstream, raggiungendo la notorietà nazionale anche grazie al singolo Cosa mi manchi a fare, primo estratto dall'album, seguito da GaetanoFrosinone e Oroscopo il cui video raggiunge un milione di visualizzazioni su YouTube nel giro di un mese. A seguito del buon risultato di vendite, Calcutta intraprende un tour nazionale per promuovere Mainstream. Nel maggio 2016 pubblica il singolo Oroscopo, in collaborazione con il duo Takagi & Ketra e con il quale si è esibito il 18 settembre 2016 in qualità di ospite nella trasmissione Quelli che il calcio e ad ottobre vince il suo primo disco d'oro (poi diventato disco di platino). All'inizio del 2017, anche Cosa mi manchi a fareGaetano e Frosinone vengono premiati con il disco d'oroNel corso del 2017, scrive per J-Ax e Fedez i testi di due canzoni (Milano intorno e Allergia) pubblicate nell'album Comunisti col Rolex uscito il 20 gennaio dello stesso anno; collabora al singolo estivo di Nina Zilli Mi hai fatto fare tardi che anticipa l'album Modern Art, uscito a settembre del medesimo anno; inoltre partecipa all'album 2640 di Francesca Michielin, nel quale collabora alla stesura di Io non abito al mare, Tropicale, La Serie B e Tapioca.

Evergreen (2018-presente)


Il 15 dicembre 2017 esce il suo nuovo singolo dal titolo Orgasmo, anticipato da una campagna pubblicitaria urbana eseguita con modalità da guerrilla marketing, il cui video è stato diretto dal regista campano Francesco Lettieri. Nello stesso mese, elabora una playlist di un'ora per il Capodanno 2018 a Bologna, città nella quale l'artista vive da qualche anno, su commissione del Comune: la forma della prestazione e il cachet ricevuto, cinquemila euro, sono oggetto di discussione e di critiche nei social, e da parte degli operatori del settore dell'intrattenimento. Il 2 febbraio 2018 viene pubblicato il singolo Pesto. Nello stesso mese partecipa come coproduttore al primo EP ufficiale di MasciaTi, intitolato Svegli Sempre, curando la title track e RariIntervistato da Rolling Stone Italia, annuncia l'imminente arrivo del suo terzo album, Evergreen. Il 23 aprile 2018, con un post sul suo profilo Instagram, annuncia la copertina e la data di uscita dell'album, prevista per il 25 maggio 2018 per l'etichetta Bomba Dischi. Il 16 maggio 2018 esce il terzo singolo Paracetamolo, il cui videoclip è diretto nuovamente da Francesco Lettieri, seguito il 14 settembre dal quarto singolo KiwiCollabora, con Dario Faini e Luca Carboni, alla realizzazione del brano Io non voglio, contenuto nell'album Sputnik dello stesso Carboni. Collabora inoltre con i Tiromancino nella nuova versione del brano Strade, contenuta nell'album Fino a qui, pubblicato il 28 settembre 2018. Nello stesso giorno vengono pubblicate la prima biografia dell'artista, edita da Arcana Edizioni, intitolata Calcutta. Amatevi in disparte e curata da Antonio Coletta, e il brano Se piovesse il tuo nome, interpretato da Elisa, di cui ha scritto il testo. Il brano viene successivamente reinterpretato in una versione speciale che vede Elisa duettare con il cantautore laziale. Il 23 gennaio 2019 viene pubblicato il brano La musica italiana, scritto e cantato con Giorgio Poi, mentre il 1º marzo esce il singolo La luna e la gatta, collaborazione con Takagi & Ketra, Tommaso Paradiso e JovanottiIl 31 maggio 2019 è stato pubblicato il singolo Due punti, seguito il 7 giugno successivo dal brano Sorriso (Milano Dateo), che anticipano l'uscita della riedizione di Evergreen, intitolata Evergreen... e altre canzoni, che contiene, oltre all'album originale, un secondo CD contenente i due singoli sopracitati, quattro brani estratti dall'esibizione all'Arena di Verona del 6 agosto 2018 (tra cui una versione live di Saliva interpretata insieme a Brunori Sas) e le demo dei brani Orgasmo, Briciole e Paracetamolo.

Influenze musicali

Calcutta ha affermato di ispirarsi a vari artisti italiani, citando fra essi Lucio BattistiLucio Dalla e Luca Carboni, ma anche alla musica del Brasile, in particolare quella di Caetano Veloso, avvicinandosi al Paese sudamericano tramite il movimento musical-culturale del tropicalismo.


GRAZIE DI ESSERE STATO NELLA MIA CITTA' ED AVERMI DATO 1000 EMOZIONI AL CONCERTO ♥